Lettera Pastorale del Vescovo Ivo Muser nell’anno di S. Giuseppe

Lettera Pastorale del Vescovo Ivo Muser nell’anno di S. Giuseppe

(testo originale estratto dal sito della diocesi)

Con Giuseppe di Nazareth attraverso quest’anno e la nostra vita

Care sorelle, cari fratelli nella nostra Diocesi di Bolzano-Bressanone!

L’8 dicembre 1870, solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, papa Pio IX proclamò San Giuseppe patrono della Chiesa universale. Esattamente 150 anni dopo, sempre nella festa dell’Immacolata, Papa Francesco ha stabilito che un “Anno di San Giuseppe” venga celebrato in tutta la Chiesa cattolica dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021. La sua Lettera apostolica “Patris corde”, che vuole promuovere l’amore per San Giuseppe e raccomandarlo come intercessore e figura esemplare, contiene molti impulsi spirituali che vanno ben oltre questo “Anno di San Giuseppe”.

“Giuseppe, suo sposo, che era uomo giusto“ (Mt 1,19)

I Vangeli raccontano molto poco dell’uomo che chiamiamo San Giuseppe. Non ci è stata tramandata una sua sola parola. Giuseppe non è un uomo di grandi parole; è un uomo dei fatti. Di lui si dice: egli “fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa“ (Mt 1,24).

È l’uomo che non è assente dove c’è bisogno di lui, proprio di lui. Giuseppe è un uomo che viene dal silenzio ed è presente: attraverso una sensibilità attenta, con un atteggiamento chiaro e con un’energia pratica. Combina tenerezza e forza. Ed è per questo che Dio gli affida la cosa più preziosa della storia della salvezza: “Il bambino e sua madre”. Troviamo questa affermazione ben sei volte nel Vangelo di Matteo!

Cosa c’è nel cuore di quest’uomo? “Giuseppe, suo sposo, che era uomo giusto“– così lo caratterizzano le Sacre Scritture (Mt 1,19).

Vuol dire: è un uomo retto, pienamente affidabile e integro, un uomo concentrato su Dio e su ciò di cui gli altri hanno bisogno, una persona che va nella direzione giusta. Giuseppe non capisce il grande mistero di Maria, ma non giudica dalle apparenze; è sensibile a una verità più profonda che trascende lui e tutti noi. Giuseppe si muove sempre nel solco di ciò che il popolo d’Israele ha ereditato da Abramo e che nella sua esistenza non ha mai smesso di imparare, spesso in situazioni difficili e dolorose. Della vocazione e del cammino di Giuseppe – come di tutta la storia del popolo d’Israele – fa parte il buio dell’incomprensibilità di Dio.

In Giuseppe, il giusto, diventa chiaro che non si può avere Gesù senza le sue radici ebraiche e che l’ebraismo è la madre terra della fede cristiana. Se solo noi cristiani lo avessimo sottolineato e riconosciuto più spesso nella storia! Gesù è un ebreo. Maria e Giuseppe sono ebrei, come gli apostoli e i primi discepoli di Gesù. L’antisemitismo per i cristiani è un peccato grave e una bestemmia, come i papi Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco hanno ripetutamente sottolineato. L’antisemitismo è come tagliare la radice della fede che ci sostiene (cfr. Rom 11).

Che importanza ha allora Giuseppe per il bambino Gesù, che non discende da lui ma è nato da Maria per un potere che viene da Dio? È importante per integrare questo bambino nella promessa fatta dal profeta Natan al re Davide, e per dargli il nome di “Gesù”. Un nome che esprime e riassume tutta la sua missione in una sola parola: “Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21). Quanto ha trasmesso Giuseppe al bambino e giovane Gesù – possiamo ben dirlo senza cadere in false speculazioni – dell’atteggiamento fondamentale di Abramo e del popolo ebraico!

Giuseppe, compagno di cammino e intercessore

Nel corso dei secoli San Giuseppe è diventato il patrono di molte cause: un segno della devozione nei suoi confronti e della sua importanza. Molti uomini e donne in tutto il mondo lo venerano come loro santo patrono. In Alto Adige Giuseppe è il nome maschile più comune.

Invochiamo Giuseppe come patrono della Chiesa universale, affinché noi come Chiesa ci affidiamo alla Parola di Dio, ci concentriamo veramente su Gesù e sul suo vangelo, su ciò che ci chiede, sulla sua volontà, sul suo mistero. Si tratta della SUA Chiesa, non di una Chiesa secondo la nostra volontà e i nostri piani. La Chiesa non è un partito o un’impresa, è “segno e strumento” (Concilio Vaticano II) e deve mantenere viva la domanda di Dio in questo mondo. Siamo chiamati ad essere una Chiesa missionaria e non autoreferenziale. Preghiamo per l‘intercessione di San Giuseppe: Signore, risveglia la tua Chiesa e comincia da me.

Invochiamolo come patrono della famiglia, affinché il matrimonio e la famiglia siano valorizzati e sostenuti attraverso il nostro incoraggiamento ai giovani a fondare una famiglia e a donare vita nuova. Invochiamolo affinché coniugi, genitori e figli possano sperimentare e praticare quanto sia importante essere attenti gli uni con gli altri, essere misericordiosi, perdonare e chiedere perdono. Siamo tutti plasmati dalla famiglia da cui proveniamo e sappiamo anche che la famiglia perfetta e ideale non esiste, perché siamo esseri umani imperfetti. Per noi come Chiesa è significativo che anche quando un matrimonio fallisce resti possibile un cammino di riconciliazione e di misericordia. Le persone coinvolte hanno bisogno della vicinanza e dell’amicizia, anche dell’accompagnamento benevolo e comprensivo nella pastorale.

Invochiamolo come patrono degli uomini e dei padri, affinché gli uomini e i padri sappiano comportarsi come tali, non si sottraggano alle loro responsabilità e non siano assenti dove c’è bisogno di loro. Quanto rimane attuale l’immagine del “custode” e del “protettore”, in special modo della dignità, dello sviluppo e dei diritti dei bambini e dei giovani! “Il mondo ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo…“, scrive papa Francesco nella sua lettera apostolica dedicata a San Giuseppe. La “festa del papà” proprio il 19 marzo può ricordare alle nostre famiglie, alla società e alla Chiesa quanto siano indispensabili i padri e gli uomini, e quanto sia manchevole una “società senza padre”, non ultimo anche per lo sviluppo religioso dei bambini e dei giovani.

Invochiamolo come patrono contro la violenza sulle donne, affinché sia fermo e concorde il nostro “no” a tutte le violenze contro le donne. Come società ci deve far vergognare il fatto che troppi guardino ancora dall’altra parte e spesso addirittura minimizzino questa violenza. La violenza contro le donne spazia dall’oppressione psicologica alle aggressioni fisiche più gravi, che a volte sfociano in disastri familiari. Anche lo sfruttamento sessuale è una grave ferita alla dignità delle donne. Può avvenire sia all’interno della propria famiglia che attraverso la prostituzione. Papa Francesco ha detto nell’omelia di Capodanno 2020: “Ogni violenza inferta alla donna è una profanazione di Dio. Dal corpo di una donna è arrivata la salvezza per l’umanità: da come trattiamo il corpo della donna comprendiamo il nostro livello di umanità.“

Invochiamolo come patrono dei lavoratori, affinché siano garantite giuste condizioni di lavoro e di retribuzione; affinché le donne siano pagate come gli uomini per il loro lavoro; affinché le leggi del mercato, della redditività, dell’aumento dei profitti non siano le uniche a valere; affinché la proprietà e il capitale siano al servizio delle persone e non viceversa. E affinché non si dimentichi mai che l’essere della persona viene prima del suo lavoro e della sua prestazione: non viviamo per lavorare, ma lavoriamo per vivere. La persona e i suoi bisogni vanno molto al di là dei concetti di efficienza, produttività, profitto e attività. Il lavoro è molto più di una semplice occupazione! L’impegno per posti di lavoro buoni e sicuri ha conosciuto una nuova urgenza con la crisi da Coronavirus. Quanto è importante sostenere ora chi ha veramente bisogno di aiuto!

Invochiamolo come patrono per una buona morte, affinché si possa vivere in modo tale da lasciare questo mondo riconciliati; affinché possiamo dare conto della nostra vita nella certezza che la nostra morte diventi quell’incontro decisivo per cui siamo stati creati e destinati. Invocare San Giuseppe come patrono dei moribondi corrisponde anche all’imperativo di una pastorale vicina alla persona, in tempi in cui cresce la paura fondata di molti anziani e malati di dover affrontare in completa solitudine le loro ultime ore di vita.

Invochiamolo come il patrono della nostra terra, affinché la nostra comunità, a cui questo territorio bello e ricco è stato affidato come casa terrena, sappia trattare il creato con gratitudine, responsabilità, rispetto e moderazione; affinché si scelga una buona e vera convivenza tra i gruppi etnici e si lavori in tal senso; affinché la nostra sia una terra concessa reciprocamente e non negata a qualcuno, non abbia nulla in comune con tendenze nazionalistiche e non degeneri mai più – come nel periodo del fascismo e del nazionalsocialismo – in un’ideologia di “sangue e suolo”. E non dimentichiamo mai: il nostro atteggiamento verso persone di altre culture, lingue, mentalità e religioni inizia sempre nella nostra testa. C’è un legame molto stretto tra pensare, parlare e agire, nel bene e nel male.

Invochiamo San Giuseppe anche in questa pandemia, affinché si possano comprendere le scelte personali e comunitarie che questo tempo particolare, difficile e doloroso ci richiede. Nonostante tutto e attraverso tutto, questa esperienza del Covid è anche un tempo di salvezza per le persone di fede, un tempo di guarigione dal quale possiamo uscire cambiati e rafforzati: se lo vogliamo. Nell’istituire l'”Anno di San Giuseppe” nel bel mezzo della pandemia, papa Francesco pensa alle tante persone “che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né delle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo… Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. A tutti loro va una parola di riconoscimento e di gratitudine.“

“Credo che Dio operi attraverso i suoi santi“

Una persona che ricorre in modo particolare all’aiuto di San Giuseppe è papa Francesco. Ricordo bene quando, durante la mia visita “ad limina” nell’aprile 2013, un mese dopo la sua elezione, confidò a noi vescovi come nel suo studio ci fosse una statua di San Giuseppe. La particolarità di questa statua è che mostra un Giuseppe addormentato. Papa Francesco raccontò di come fosse solito annotare le sue grandi preoccupazioni su pezzetti di carta, che metteva poi sotto il cuscino di San Giuseppe. Sorridendo, il Papa aggiunse: “I foglietti di carta sono sempre di più”. E poi, con una confidenza disarmante, simile a quella di un bambino: “Credo che Dio operi attraverso i suoi santi. Sono fermamente convinto che San Giuseppe, la cui missione nella vita era quella di proteggere Maria e Gesù, non dimentichi me, voi e tutta la Chiesa”.

Come segno di preghiera e di venerazione, in questo “Anno di San Giuseppe” celebrerò l’Eucaristia nel duomo di Bressanone (19 marzo) e in quello di Bolzano (1° maggio) e in tutte le otto chiese parrocchiali della nostra diocesi dedicate a San Giuseppe, e affiderò il cammino della nostra Chiesa locale al “patrono della Chiesa universale”. Invito tutti i fedeli, le comunità parrocchiali e le comunità religiose ad approfondire il significato di San Giuseppe all’interno della storia della salvezza nella preghiera, in incontri biblici, nei colloqui di fede e nell’annuncio.

Per intercessione di Maria, Madre di Dio, e di San Giuseppe, vi benedica e vi accompagni il Dio Trino, che ci conosce, opera in mezzo a noi e non ci dimentica. Con questa fiducia e con questa speranza possiamo avvicinarci ai giorni pasquali di passione, morte, sepoltura e risurrezione di Gesù, alla festa tra tutte le feste.

 

Il vostro vescovo

+ Ivo Muser                       Solennità di San Giuseppe, 19 marzo 2021

 

 

Allegato alla lettera pastorale – Un possibile segno nell’ “Anno di San Giuseppe“

In occasione dell'”Anno di San Giuseppe”, propongo di pensare all’introduzione del 19 marzo come festa pubblica ufficiale in Alto Adige. La competenza per determinare questo passo non spetta naturalmente alla Diocesi di Bolzano-Bressanone, ma solo al Consiglio provinciale e alla Giunta provinciale. Per questo atto sono necessari un consenso comunitario e una decisione politica.

Da un punto di vista legislativo tale passo è possibile. Il regolamento nazionale relativo alle festività concede infatti ad ogni comune un giorno festivo per la propria festa patronale, stabilita per legge (ad esempio a Roma la festa di Pietro e Paolo il 29 giugno, a Trento San Vigilio il 26 giugno, a Milano Sant’Ambrogio il 7 dicembre, a Firenze, Genova e Torino San Giovanni Battista il 24 giugno, a Napoli San Gennaro il 19 settembre, ecc.). In Alto Adige, con delibera del Consiglio provinciale e della Giunta provinciale, il lunedì di Pentecoste è stato dichiarato giorno della festa patronale comunitaria. Con delibera del Consiglio provinciale e della Giunta provinciale sarebbe quindi possibile in qualsiasi momento sancire la festività del 19 marzo, che dal 1772 è la festa del patrono della nostra terra, al posto del lunedì di Pentecoste. Mentre tutti gli altri giorni festivi in Italia sono di competenza dello Stato o sono regolati dal Concordato fra la Santa Sede e la Repubblica Italiana, la determinazione di una simile “festa patronale” pubblica è di competenza del Consiglio provinciale e della Giunta provinciale dell’Alto Adige.

In aggiunta: a partire dal Concilio Vaticano II, il lunedì di Pentecoste non esiste più nel calendario liturgico della Chiesa. È stato cancellato senza essere sostituito. La Domenica di Pentecoste, la solennità della discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa nascente il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua, chiude e corona il periodo pasquale e tutto il ciclo delle feste pasquali. Il lunedì di Pentecoste ha il rango liturgico di un giorno feriale; il 19 marzo, invece, è una solennità della Chiesa.

Perchè faccio questa proposta?

Le domeniche e i giorni festivi non sono solo “giorni liberi”, ma un bene culturale di grande importanza al servizio della comunità, di valori che uniscono, del senso di appartenenza, della fede. Abbiamo bisogno della domenica e delle nostre feste con le opportunità sociali, familiari, culturali e religiose che offrono.

Considero oggi un compito importante della Chiesa difendere ciò che non è orientato solo al consumo e al profitto, salvaguardare le nostre feste e soprattutto la domenica, la festa originaria della Chiesa, la Pasqua settimanale.

La proposta di ragionare sull’introduzione del giorno dedicato a San Giuseppe come festività pubblica in Alto Adige in sostituzione del lunedì di Pentecoste si basa su una convinzione: non abbiamo bisogno di più giorni liberi, abbiamo bisogno della domenica e delle nostre festività!

Nel rispetto della nostra società pluralista, aggiungo: le feste religiose e civili sancite per legge vanno a beneficio di tutte le cittadine e i cittadini. Se questa proposta dovesse trovare consenso, non verrebbe tolto nulla a nessuno. Tutti continueranno a godere di una “festa patronale” per legge, come previsto dal regolamento nazionale delle festività.

 

+ Ivo Muser                       Solennità di San Giuseppe, 19 marzo 2021

Lettera di Natale

Lettera di Natale

Il tempo del Covid ci fa riscoprire un Natale più semplice e sobrio, ma soprattutto più profondo e più bello.

Un Natale…

… che ci fa riconoscere il valore delle parole buone

E se in questo Natale particolare provassimo a diffondere il contagio del bene e della speranza? Abbiamo bisogno di dare e ricevere gesti di gentilezza, che aiutano a vivere, abbiamo bisogno di parole che ci infondano speranza e coraggio. Cerchiamo di mantenere le relazioni anche se siamo a distanza, portando serenità e ottimismo. Senza trasmettere ansie ingiustificate ma anche senza illudere nessuno che non esista alcun pericolo.

 

… che regala vicinanza a chi ha più bisogno

Il virus ha fatto molte vittime, ha lasciato ammalati, familiari in lutto, lavoratori senza lavoro, persone cadute in depressione. Ci sono anziani che si ritrovano più fragili e più soli, genitori con figli in età scolare che hanno visto moltiplicarsi i problemi. Famiglie già in difficoltà sono entrate definitivamente in crisi. Ci sono disorientamento e paura, ci sono donne e bambini ancor più esposti a forme di violenza.

Tutte queste persone devono farci riscoprire il Natale nel suo significato originale. In fondo il messaggio del Natale ci dice che il volto di Gesù Bambino è il volto di una persona, di chi è attorno a noi e che forse non abbiamo mai guardato. In questo Natale cerchiamo di scoprire il volto di Gesù nel viso di donne e uomini sofferenti, di far sentire loro la nostra vicinanza. Pensare a chi ha meno di noi – non solo sul piano materiale – è un aspetto fondamentale di umanità e giustizia: mi auguro quindi che questo sia un Natale di altruismo, di attenzione e di generosità attraverso atti concreti. Il nostro vaccino si chiama solidarietà.

 

… nel segno del cambiamento

Il Covid segna una cesura: c’era un prima e ci sarà un dopo, come accade per i grandi eventi della storia. Questo Natale con il Covid ci spinge a interrogarci sui meccanismi del sistema economico e delle relazioni sociali. Non si tratta di salvare il Natale come festa dei consumi. Non facciamo come in passato e riconosciamo invece che in questi dieci mesi il mondo è profondamente cambiato. Anche per questo motivo proviamo a festeggiare un Natale 2020 più semplice e sobrio, e quindi più vero e più bello.  

Questo Natale inedito ci può aiutare a rileggere le nostre convinzioni e abitudini e anche a riconoscere tante cose a cui possiamo rinunciare. Da questo cambiamento potrà nascere il bene per la società, e sarà un po‘ come la nascita del Bambino a Natale, come l’inizio di una nuova storia.

 

… che invita a confrontarsi con il presente

Nella nuova realtà disegnata dal coronavirus, a chi ha responsabilità a livello decisionale è richiesto di affrontare il presente: significa essere pronti a nuove prospettive, a cogliere i segnali che arrivano ogni giorno dalla società, a dare risposte. Di questo atteggiamento abbiamo tutti bisogno. Così questo Natale particolare può aiutare anche a riallacciare legami nella comunità, a ritrovare ciò che ci unisce e che la crisi ha danneggiato: tra le persone, tra le fasce sociali, anche al di sopra delle diverse posizioni politiche. Dobbiamo sforzarci di capire cosa ci dicono le persone, specialmente coloro che portano in sé un carico di ansia e sfiducia. E domandarci: cosa posso fare io per far ritrovare coraggio, speranza e pace al mio prossimo? Chi non devo assolutamente dimenticare in questo Natale 2020? Chi devo ringraziare in modo particolare? Chi ha bisogno di me?

 

… speciale per la “generazione Covid“

I giovani risentono molto dell’incertezza, della mancanza della scuola in presenza e della socializzazione. Ma la “generazione Covid“ merita tutta la nostra attenzione: in questa esperienza ha rafforzato il suo rispetto verso gli altri e il senso di responsabilità personale. L’impegno di molti giovani è stato ed è ammirevole: nei mesi passati ho avuto notizia di segni confortanti e incoraggianti di vicinanza, aiuto e partecipazione! I giovani sono riusciti a fare di un tempo di limitazioni un’occasione di crescita. Perciò in questo Natale complicato c’è un grande regalo che gli adulti possono fare a bambini e ragazzi: mettersi in ascolto, capire il loro punto di vista, i problemi – spesso nuovi – che stanno vivendo con il virus, i loro sogni. E capire come poterli aiutare, anche nella ricerca di senso per la loro vita futura.

Ai giovani rivolgo un invito: non cercate un’alternativa al Natale, ma cercate di vivere un Natale alternativo! Di cuore vi auguro il coraggio e la forza di curare le relazioni, di impegnare per voi e per gli altri il dono di una vita giovane e preziosa, di vincere con fede e speranza le sfide del presente, di farvi ascoltare. Così aiuterete la comunità, noi tutti, a non perdere di vista l’essenziale, anche a Natale.

 

Augurio di Natale

Valgano per tutti noi le parole pronunciate da papa Francesco quest’anno nella solennità di Pentecoste: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”.

A tutti voi auguro una festa di Natale piena di speranza con al centro il motivo di questa speranza: Gesù Cristo, il Figlio di Dio e il Figlio di una Madre terrena.

 

+ Ivo Muser, vescovo

Per una cultura della vigilanza e della corresponsabilità

Per una cultura della vigilanza e della corresponsabilità

Solennità di Cristo Re, 22 novembre 2020

Care sorelle, cari fratelli nella nostra diocesi di Bolzano-Bressanone!

In questa lettera pastorale mi rivolgo a voi con una richiesta che ci riguarda tutti e che per me è molto importante. Le scioccanti notizie di abusi sessuali nella Chiesa in tutto il mondo, di cui si è a conoscenza, hanno infranto un tabù che per troppo tempo ha ignorato le sofferenze delle persone colpite e di coloro che le circondano. Finalmente le vittime hanno trovato ascolto. Finalmente si è iniziato a prendere sul serio le accuse, a indagare su di esse e ad adottare misure adeguate a favore delle persone colpite e del loro ambito di vita. Allo stesso modo sono state emanate norme e misure di diritto canonico più severe per chi ha commesso crimini contro bambini e adolescenti, in modo da garantire la punibilità dei responsabili. È stato abbattuto il muro del silenzio e la realtà nascosta è stata portata all’attenzione dell’opinione pubblica dal grido delle vittime e dai media. Questa realtà è stata ed è dolorosa, e anche vergognosa: ma è bene e necessario che la affrontiamo in modo responsabile, e che lo facciamo anche oggi.

Lontano da una cultura del nascondere

Nel Vangelo di Giovanni troviamo la frase: “Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi“ (Gv 8,32). Dobbiamo tutti chiederci come ci rapportiamo con il potere, l’autorità, la sessualità umana e le relazioni interpersonali seguendo i valori cristiani fondamentali. Ciò richiede un onesto e radicale esame di coscienza sia a livello personale che strutturale, ossia come Chiesa con tutte le sue istituzioni. Allo stesso modo, la società è chiamata a riflettere sui propri valori fondamentali affinché la dignità di ogni essere umano, i diritti umani e i diritti dei bambini e degli adolescenti vengano vissuti e fatti valere. Qui la Chiesa e la società possono e devono entrare in un nuovo dialogo. Senza in alcun modo distogliere l’attenzione dalla responsabilità della Chiesa, non possiamo ignorare il fatto che la maggior parte della violenza con implicazioni sessuali avviene nelle nostre famiglie e nel contesto di parentela e di vicinato. Dobbiamo inoltre prendere atto con particolare preoccupazione del fatto che gli abusi sessuali nei confronti dei minori circolano sempre più spesso attraverso i social media e internet.

Proprio perché l’abuso può accadere e accade spesso e ovunque – dentro e fuori la Chiesa -, è necessario un radicale cambiamento di mentalità, che sia profondamente umano e cristiano: da una cultura dell’ignorare a una cultura del vigilare; da una cultura della non ingerenza a una cultura della trasparenza, dell‘apertura e della corresponsabilità.

Riguarda tutti noi

Esorto tutti i sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, insegnanti di religione, comunità parrocchiali, organizzazioni ecclesiastiche, scuole e convitti, istituzioni e gruppi a mandare un chiaro segnale in tal senso.

La nostra Diocesi vuole sensibilizzare a una cultura aperta al colloquio, affinché l’abuso non rimanga più un tabù e non distrugga la vita delle persone. In una campagna di informazione e sensibilizzazione la Diocesi sta distribuendo manifesti con la scritta “Stop agli abusi nell’ambito ecclesiale”, per l’affissione nelle bacheche e la diffusione attraverso altri media. Invitano le persone a contattare lo Sportello diocesano in caso di sospetti, indizi o casi di abuso. Oltre ai manifesti, specifici volantini informano sugli obiettivi e i compiti del Servizio diocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili e sullo Sportello diocesano.

Con questa campagna la nostra Diocesi ribadisce il giudizio di fondo: tutte le forme di abuso e di violenza sono contrarie allo spirito del Vangelo. Seguendo le linee guida della Conferenza Episcopale Italiana, ci concentriamo sulla prevenzione come nostro compito pastorale peculiare per creare un ambiente sicuro per i bambini e gli adolescenti.

Una priorità per la nostra Diocesi

Tutti i responsabili negli ambiti ecclesiali sono chiamati ad assicurare che al proprio interno sia garantita la tutela dei minori. Il bene dei bambini e degli adolescenti, così come quello degli adulti vulnerabili, ha la massima priorità secondo la visione cristiana di Dio e dell’uomo. La Diocesi si impegna per una posizione chiara e decisa della comunità contro gli abusi sessuali e contro tutte le forme di violenza.

In presenza di sospetti, segnalazioni o casi di abuso in ambito ecclesiale, è necessario contattare immediatamente lo Sportello diocesano, dove saranno definiti e avviati i passi successivi. Ogni segnalazione viene presa sul serio, indipendentemente dal fatto che il caso sia attuale o risalga al passato.

Gli uffici della Curia vescovile, le organizzazioni, le istituzioni e i gruppi ecclesiali, e le congregazioni religiose sono chiamati a tematizzare costantemente nei loro programmi, comunicazioni e offerte la questione della tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, della prevenzione degli abusi sessuali e di altre forme di violenza. Da un lato si vuole creare una base di fiducia affinché il tema dell’abuso possa essere discusso apertamente e il tabù venga infranto; dall’altro, si esorta ad avere il coraggio civile di rompere il silenzio davanti a sospetti, segnalazioni o casi di abuso e a informarne lo Sportello diocesano.

Siamo tutti corresponsabili

Nella sua “Lettera al popolo di Dio“ (2018) Papa Francesco chiama tutti i membri della Chiesa ad un impegno attivo per sradicare la cultura dell’abuso dalle nostre comunità. Solo insieme, ha detto il Papa, saremo in grado di avviare le dinamiche necessarie per un sano ed efficace cambiamento.

Il 18 novembre si celebra la “Giornata europea per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale”, il 20 novembre è la “Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”. Vi invito a richiamare l’attenzione sulla campagna di sensibilizzazione della nostra Diocesi nella domenica successiva, 22 novembre 2020, solennità di Cristo Re. Siamo tutti corresponsabili della promozione di una cultura della tutela e della sicurezza di bambini e adolescenti, sia nella Chiesa che nella sfera familiare e sociale.

Che la benedizione di Dio accompagni i nostri bambini, i giovani e noi tutti nella nostra responsabilità verso di loro. Non lo si può formulare più chiaramente di quanto fa il Vangelo nella domenica di Cristo Re: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli e sorelle più piccoli, l’avete fatto a me. Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me“ (cfr. Mt 25,40.45).

A tutti noi è rivolto il mandato di Papa Francesco: “Imparare a guardare dove guarda il Signore, a stare dove il Signore vuole che stiamo, a convertire il cuore stando alla sua presenza“ (Lettera al popolo di Dio, 2018).

Dalla parte di Gesù, il nostro Re sulla Croce, stanno solo coloro che sono dalla parte delle persone.

 

Il vostro vescovo

+ Ivo Muser
Solennità di Cristo Re, 22 novembre 2020